Bali è una meta che molti di noi
sognano di visitare almeno una volta nella vita
E’ una piccola finestra sull’Australia.
Un paradiso per surfisti e avventurieri amanti del trekking sui vulcani, ma
anche per fashion blogger appassionate di ristoranti e locali sfarzosi. E’ un
concentrato di induismo e danze popolari. Un mix di risaie e acque termali.
Templi semplici e resort a cinque stelle extralusso.
Sono stata a Bali tre anni fa, in
occasione del mio viaggio di nozze. Io e Cary Grant credevamo di approdare in
un luogo fatto di spiagge tipo caraibiche e negozi in ogni angolo dell’isola.
Invece siamo sbarcati in un universo formato da acqua pulite, onde altissime e
fondali poco nitidi (da qui il concetto di paradiso per surfisti), in una cultura
iscritta nel paesaggio delle risaie e dei templi, in scenari fortemente
naturalistici.
Gli occhi dei balinesi parlano di semplicità, umiltà e non
conoscono cattiveria.
Alloggiavamo a Jimbaran, che è il secondo
centro turistico per eccellenza della penisola Bukit dopo Nusa Dua.
Su questa penisola ci sono resort internazionali e Spa famosissime, per non
parlare delle spiagge più affollate dai giovani surfisti australiani (come Dreamland e
Padang Padang). Passiamo i
primi giorni nel relax più totale, esplorando le varie spiagge e gustando dell’ottima
aragosta alla griglia nei ristorantini sulle spiagge. Nei giorni seguenti decidiamo
di fare un tour dei più grandi templi dell’isola (che in lingua locale vengono
chiamati Pura); risalendo verso nord
riusciamo ad ammirarne alcuni dei più famosi:
Gunung Kawi: un tempio che comprende dieci
tombe commemorative scavate nella roccia in modo che sembrino delle vere e
proprie statue. Si ritiene che ciascuna tomba sia dedicata ad un membro della
famiglia reale che regnava a Bali nel IX secolo e una leggenda dice che le
tombe furono scavate nella roccia dalle unghie di Kebo Iwa.
Tirta Empul: uno dei templi più famosi, poiché
sorge accanto a delle sorgenti considerate sacre.
Ulun Danau Batur: un tempio che sorge accanto al lago Batur
sul quale sbucano una serie di coni vulcanici. Una meraviglia per gli occhi
degli amanti della natura.
Al ritorno ci fermammo a Sanegh,
vicino Ubud, per ammirare come producono il famosissimo Kopi Luwak, ovvero il caffè
ricavato dalle feci di un grazioso animaletto simil-puzzola. Per saperne di
più, visitate questo mio vecchio post.
Il giorno seguente partiamo alla
volta di Ubud,
la città in cui si addensa tutto ciò che di straordinario Bali ha da offrire:
mostre di artisti contemporanei, mercatini di artigianato locale, danzatrici di
Legong,
risaie verdeggianti, fiumi e vegetazione rigogliosa. Per le viuzze di questa
città si alternano alberghi lussuosi, case semplici, ottimi ristoranti e vere e
proprie colonie di artisti ed intellettuali di tutto il mondo. Se avete avuto
modo di leggere il libro “Mangia, prega, ama”, proprio a Ubud si concentra il
fulcro della preghiera mistica e della meditazione yoga. Ci fermiamo in un
mercatino locale per acquistare dei ciondoli artigiani da regalare alle mie
amiche e degli utensili da portare ai nostri familiari.
Poco fuori la città
visitiamo un santuario popolato da un branco di avidi macachi balinesi dal pelo
grigio e dalla coda lunga. Questi mammiferi sono soliti rubare ai turisti
qualsiasi cosa capiti a loro tiro, dalle macchinette fotografiche agli occhiali
da vista, per cui se vi avventurate nel “Scared Monkey Forest Sanctuary”, prestate
molta attenzione ai vostri averi e a questi insoliti ladruncoli!
Nel prossimo post racconterò meglio
la cultura balinese, le danze locali e vi darò qualche semplice dritta per
godervi meglio questa fantastica isola!
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