martedì 22 luglio 2014

Bali: tra tradizione e cultura

Bali è una meta che molti di noi sognano di visitare almeno una volta nella vita

E’ una piccola finestra sull’Australia. Un paradiso per surfisti e avventurieri amanti del trekking sui vulcani, ma anche per fashion blogger appassionate di ristoranti e locali sfarzosi. E’ un concentrato di induismo e danze popolari. Un mix di risaie e acque termali. Templi semplici e resort a cinque stelle extralusso.








Sono stata a Bali tre anni fa, in occasione del mio viaggio di nozze. Io e Cary Grant credevamo di approdare in un luogo fatto di spiagge tipo caraibiche e negozi in ogni angolo dell’isola. Invece siamo sbarcati in un universo formato da acqua pulite, onde altissime e fondali poco nitidi (da qui il concetto di paradiso per surfisti), in una cultura iscritta nel paesaggio delle risaie e dei templi, in scenari fortemente naturalistici.

Gli occhi dei balinesi parlano di semplicità, umiltà e non conoscono cattiveria.

Alloggiavamo a Jimbaran, che è il secondo centro turistico per eccellenza della penisola Bukit dopo Nusa Dua. Su questa penisola ci sono resort internazionali e Spa famosissime, per non parlare delle spiagge più affollate dai giovani surfisti australiani (come Dreamland e Padang Padang).  Passiamo i primi giorni nel relax più totale, esplorando le varie spiagge e gustando dell’ottima aragosta alla griglia nei ristorantini sulle spiagge. Nei giorni seguenti decidiamo di fare un tour dei più grandi templi dell’isola (che in lingua locale vengono chiamati Pura); risalendo verso nord riusciamo ad ammirarne alcuni dei più famosi:

Gunung Kawi: un tempio che comprende dieci tombe commemorative scavate nella roccia in modo che sembrino delle vere e proprie statue. Si ritiene che ciascuna tomba sia dedicata ad un membro della famiglia reale che regnava a Bali nel IX secolo e una leggenda dice che le tombe furono scavate nella roccia dalle unghie di Kebo Iwa.


Tirta Empul: uno dei templi più famosi, poiché sorge accanto a delle sorgenti considerate sacre.


Ulun Danau Batur: un tempio che sorge accanto al lago Batur sul quale sbucano una serie di coni vulcanici. Una meraviglia per gli occhi degli amanti della natura.


Al ritorno ci fermammo a Sanegh, vicino Ubud, per ammirare come producono il famosissimo Kopi Luwak, ovvero il caffè ricavato dalle feci di un grazioso animaletto simil-puzzola. Per saperne di più, visitate questo mio vecchio post.

Il giorno seguente partiamo alla volta di Ubud, la città in cui si addensa tutto ciò che di straordinario Bali ha da offrire: mostre di artisti contemporanei, mercatini di artigianato locale, danzatrici di Legong, risaie verdeggianti, fiumi e vegetazione rigogliosa. Per le viuzze di questa città si alternano alberghi lussuosi, case semplici, ottimi ristoranti e vere e proprie colonie di artisti ed intellettuali di tutto il mondo. Se avete avuto modo di leggere il libro “Mangia, prega, ama”, proprio a Ubud si concentra il fulcro della preghiera mistica e della meditazione yoga. Ci fermiamo in un mercatino locale per acquistare dei ciondoli artigiani da regalare alle mie amiche e degli utensili da portare ai nostri familiari. 




Poco fuori la città visitiamo un santuario popolato da un branco di avidi macachi balinesi dal pelo grigio e dalla coda lunga. Questi mammiferi sono soliti rubare ai turisti qualsiasi cosa capiti a loro tiro, dalle macchinette fotografiche agli occhiali da vista, per cui se vi avventurate nel “Scared Monkey Forest Sanctuary”, prestate molta attenzione ai vostri averi e a questi insoliti ladruncoli!



Nel prossimo post racconterò meglio la cultura balinese, le danze locali e vi darò qualche semplice dritta per godervi meglio questa fantastica isola!

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